40 ANNI FA UN SOGNO ATTRAVERSAVA IL MONDO.....

Quarant'anni fa un sogno attraversava il mondo: si sarebbe potuto vivere meglio ed essere più felici scoprendo l'Altro, costruendo lo spazio dell'incontro e della relazione sociale. Da San Francisco a Parigi, il grande desiderio di cambiamento aveva al suo cuore la contestazione dell'autoritarismo, in famiglia, nella scuola, nel lavoro. E la scoperta del territorio come 'habitat di comunità, spazio di invenzione del futuro, partecipazione e protagonismo di tutti i cittadini. Il sogno era quello di una "società altra" dove poter vivere la propria esistenza e progettare una nuova convivenza tra le persone. Quale sarebbe stato il risultato nessuno lo sapeva, ma molti volevano esserci, partecipare, decidere, per definire come perseguirlo e realizzarlo.

L'Animazione nasce in quegli anni, come pratica che mette al cuore della propria azione la partecipazione e il coinvolgimento - degli individui, dei gruppi, delle comunità - nella realizzazione del proprio progetto di vita, personale e sociale, attraverso la continua sperimentazione dei modi per farlo. Sperimentazione, non come concetto astratto, ma come prassi di uomini e donne che non conoscono la meta ma costruiscono cammin facendo il senso della loro esistenza. L'Animazione cerca (insieme ad altre pratiche) di rispondere ad un bisogno, emergente quanto diffuso, di senso della vita, del lavoro, del sociale e di ricerca di consapevolezza di sé e del mondo, di progettazione di nuovi modi di abitare il tempo, l'aggregazione, la socialità, il divertimento.

Vent'anni dopo, nel lustro in cui il Welfare è (nel bene e nel male) al suo "massimo storico", il valore e l'utilità sociale dell'Animazione si legittimano e consolidano. Purtroppo però tradiscono il senso: nata come azione 'a tutto tondo' per favorire il protagonismo dei cittadini, viene riassorbita come pratica limitrofa e indistinguibile dall'Assistenza Sociale e dall'Educazione. Gli Animatori entrano nelle piante organiche di ULSS, Enti Locali, Case di Riposo, ma diventano 'educatori di serie B' o giullari a corte dei burocrati del sociale. La deriva di tutto ciò è la perdita di senso della professione: l'Animatore SocioCulturale si declina in Animatore di Settore in relazione agli utenti (turisti, anziani, minori, malati) e agli ambiti (comunità, centri vacanza, case di riposo). Animatore che colpito da ripetute amnesie, non ricorda più, come a differenza di altre pratiche sociali che si fondano sull'aiuto, la cura, la riabilitazione, l'Animazione ha da sempre prediletto il far fare, il far esprimere, il far divertire.
L'Animazione rinuncia così alla propria libertà e autonomia; diviene ancella e talvolta strumento, dei piani di restaurazione di istituzioni, enti, organizzazioni private; il Sociale è territorio da razziare, business emergente da sfruttare. Si inaugura la lunga stagione della 'barbarie dal volto umano'.

Anno 2005: ciò che resta del sogno, oggi si fa ombra ancora più cupa nell'aurora del terzo millennio.
Ciò vale anche per l'Animazione: i suoi ambiti di intervento hanno ben altra fisionomia che quarant'anni or sono.
La significatività del corpo nell'esperienza di vita è smarrita: sensazioni, emozioni, sentimenti, hanno lasciato il campo a favore della centralità del voyeurismo e della messa in scena, come mercificazione e oggettivazione della realtà. La socialità come scambio, influenza, conflitto, negoziazione si è dissolta a favore della predominanza della socialità da consumo, a tempo determinato, volatile, per censo o per classe. Il gioco come libera attività all'interno di poche e mutabili regole, attività data ma anche da inventare, espressività e gratuità, è scomparso; mentre è predominante il gioco come evasione, ripetizione, formalità, fotocopia degli stereotipi ridanciani e effimeri proposti dai modelli televisivi
La techne ha vinto sul senso: le tecniche hanno prevalso sulla ricerca di senso che ogni individuo anela, come esplorazione dei bisogni repressi e rimossi dalla società nella storia.

Questa tragica trasformazione è anche accompagnata dalla sostanziale scomparsa della figura dell'Animatore: al suo posto il fiorire della 'funzione animativa' interpretata da psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, educatori, infermieri. Gli ultimi professionisti dell'Animazione stanno in contesti dove gli utenti (pensiamo agli anziani ospiti di strutture residenziali, ai minori in centri ed istituti, agli ex tossicodipendenti in comunità) vivono situazioni di 'segregazione'. A loro (animatori) viene chiesto di essere semplicemente funzionali alla buona coscienza istituzionale oppure alle necessità di repressione e controllo del sistema sociale. L'Animatore esercita la sua professione attraverso laboratori (ecologico, artistico, teatrale, manuale, corporeo, etc.) e organizzando feste, meglio se con tombola finale, dichiarando nei fatti la sua trasformazione nobile in maestro d'arte oppure tragica in intrattenitore circense.

Tutto ciò accade in un contesto sociale completamente differente da quello degli albori: al desiderio di cambiare, individuale e collettivo, si è passati al bisogno di rimanere immutati e conservare l'esistente.
Il cosiddetto sociale oggi ha una fisionomia integrata, funzionale, asservita a 'chi lo paga' (stato, regione, provincia, comune) e realizza progetti, attività, iniziative i cui risultati sono di mantenimento dell'esistente (soggettivo) e di conservazione delle relazioni sociali e collettive. Con il risultato che il dilemma 'autonomia o subordinazione' (che ha attraversato la pratica animativa fin dall'inizio) viene sciolto dai fatti: la subordinazione vince, l'autonomia va a farsi fottere, la ricerca e la sperimentazione ristretta a patrimonio di una minoranza di emarginati dal mercato.

L'Animazione è nata per aiutare le persone ad allargare il potere sulle loro esistenze, mediante il gioco, la socialità, il ricorso a linguaggi divergenti, la creatività, la rivalutazione del corpo.
L'Animazione è nata per aiutare le persone e le collettività ad aumentare il potere sulla vita, le relazioni, il futuro.
Oggi sembra essere sostanzialmente diventata ancella consolatrice alla decadenza di senso individuale e collettivo, asservita e malamente collusa con un contesto di conservazione e repressione dell'espressività, individuale e collettiva.

Continuando la riflessione sul futuro dell'Animazione, avviata da Guido Contessa ne L'Animatore, questa pubblicazione presenta alcune, potenziali e provvisorie, vie da esplorare perché l'Animazione diventi nuovamente Pratica Sociale di Qualità.
Propone una critica stringente di alcuni fondamenti del Fare Animazione e del modo con il quale si interpreta il Ruolo Animatore. Immagina nuovi ambiti di intervento, accompagnandoli da questioni relative al senso e al futuro per la comunità degli Operatori Sociali, in genere, e degli Animatori, in specifico.
Presenta inoltre in dettaglio 50 iniziative - gran parte delle quali già realizzate dal gruppo di professionisti di AIATEL - di sperimentazione sul campo negli ambiti della formazione, cultura, ricerca e gestione di servizi.

Questo libro cerca di dare un contributo perchè avvenga un'inversione della rotta che sta portando alla deriva la pratica animativa: l'Animazione deve ritornare ad essere non solo un fare, ma soprattutto un pensare.
Un far fare, far esprimere, far divertire, sostenuto da un pensiero sulla realtà e sullo spirito del tempo.

Con la consapevolezza che il contemporaneo non è il migliore dei mondi possibili!

Alberto Raviola, 24 febbraio 2005

INTRODUZIONE a QUALITAZIONE - Idee e progetti per un'animazione di qualità