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ANNI FA UN SOGNO ATTRAVERSAVA IL MONDO.....
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Quarant'anni
fa un sogno attraversava il mondo: si sarebbe potuto vivere meglio
ed essere più felici scoprendo l'Altro, costruendo lo spazio
dell'incontro e della relazione sociale. Da San Francisco a Parigi,
il grande desiderio di cambiamento aveva al suo cuore la contestazione
dell'autoritarismo, in famiglia, nella scuola, nel lavoro. E la
scoperta del territorio come 'habitat di comunità, spazio
di invenzione del futuro, partecipazione e protagonismo di tutti
i cittadini. Il sogno era quello di una "società altra"
dove poter vivere la propria esistenza e progettare una nuova convivenza
tra le persone. Quale sarebbe stato il risultato nessuno lo sapeva,
ma molti volevano esserci, partecipare, decidere, per definire come
perseguirlo e realizzarlo. Vent'anni
dopo, nel lustro in cui il Welfare è (nel bene e nel male)
al suo "massimo storico", il valore e l'utilità
sociale dell'Animazione si legittimano e consolidano. Purtroppo
però tradiscono il senso: nata come azione 'a tutto tondo'
per favorire il protagonismo dei cittadini, viene riassorbita come
pratica limitrofa e indistinguibile dall'Assistenza Sociale e dall'Educazione.
Gli Animatori entrano nelle piante organiche di ULSS, Enti Locali,
Case di Riposo, ma diventano 'educatori di serie B' o giullari a
corte dei burocrati del sociale. La deriva di tutto ciò è
la perdita di senso della professione: l'Animatore SocioCulturale
si declina in Animatore di Settore in relazione agli utenti (turisti,
anziani, minori, malati) e agli ambiti (comunità, centri
vacanza, case di riposo). Animatore che colpito da ripetute amnesie,
non ricorda più, come a differenza di altre pratiche sociali
che si fondano sull'aiuto, la cura, la riabilitazione, l'Animazione
ha da sempre prediletto il far fare, il far esprimere, il far divertire. Anno
2005: ciò che resta del sogno, oggi si fa ombra ancora più
cupa nell'aurora del terzo millennio. Questa tragica trasformazione è anche accompagnata dalla sostanziale scomparsa della figura dell'Animatore: al suo posto il fiorire della 'funzione animativa' interpretata da psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, educatori, infermieri. Gli ultimi professionisti dell'Animazione stanno in contesti dove gli utenti (pensiamo agli anziani ospiti di strutture residenziali, ai minori in centri ed istituti, agli ex tossicodipendenti in comunità) vivono situazioni di 'segregazione'. A loro (animatori) viene chiesto di essere semplicemente funzionali alla buona coscienza istituzionale oppure alle necessità di repressione e controllo del sistema sociale. L'Animatore esercita la sua professione attraverso laboratori (ecologico, artistico, teatrale, manuale, corporeo, etc.) e organizzando feste, meglio se con tombola finale, dichiarando nei fatti la sua trasformazione nobile in maestro d'arte oppure tragica in intrattenitore circense. Tutto
ciò accade in un contesto sociale completamente differente
da quello degli albori: al desiderio di cambiare, individuale e
collettivo, si è passati al bisogno di rimanere immutati
e conservare l'esistente. L'Animazione
è nata per aiutare le persone ad allargare il potere sulle
loro esistenze, mediante il gioco, la socialità, il ricorso
a linguaggi divergenti, la creatività, la rivalutazione del
corpo. Continuando
la riflessione sul futuro dell'Animazione, avviata da Guido Contessa
ne L'Animatore,
questa pubblicazione presenta alcune, potenziali e provvisorie,
vie da esplorare perché l'Animazione diventi nuovamente Pratica
Sociale di Qualità. Questo
libro cerca di dare un contributo perchè avvenga un'inversione
della rotta che sta portando alla deriva la pratica animativa: l'Animazione
deve ritornare ad essere non solo un fare, ma soprattutto un pensare. Con la consapevolezza che il contemporaneo non è il migliore dei mondi possibili! Alberto Raviola, 24 febbraio 2005 INTRODUZIONE a QUALITAZIONE - Idee e progetti per un'animazione di qualità |