LA FORMAZIONE DEGLI ANIMATORI DEI SERVIZI TERRITORIALI URBANI
(Guido Contessa, , marzo 1993)

1-Premessa

Non possiamo trascurare in questa Giornata un accenno allo stato di declino inarrestabile del regime e prendere atto che va ripensata l'intera politica del tempo libero, dell'animazione e della formazione degli animatori.

Non possiamo non avere dubbi circa la legittimità che Enti Locali in stato di coma si avviino a prendere decisioni che influiranno sullo stato dei servizi fino al 2000. Non possiamo altresì accettare scelte tipicamente politiche prese da funzionari, che, pure meritori per la funzione vicaria che stanno assumendo, non hanno titolo per operare scelte di contenuto.

Quando il ceto politico latita, solo la società civile può sostituirne temporaneamente le funzioni, non il ceto burocratico.

Quindi l'AIATEL plaude ad ogni iniziativa di confronto, ad ogni approfondimento, ma invita nel contempo ad evitare decisioni ed azioni che possono pregiudicare le scelte che spettano solo alla polis o alla civitas. E invita i funzionari delle amministrazioni a sottomettere le proprie azioni alla guida dell'una o dell'altra entità.

 

 

2-I servizi territoriali come elemento di costruzione della qualità della convivenza urbana.

Da anni AIATEL, pur inascoltata e discriminata dal regime, propone che i servizi territoriali per il tempo libero, l'aggregazione e la cultura diventino strumento di un'azione politica organica, preventiva e di qualità professionale.

In realtà il ventennio disastroso che sta morendo ha visto i servizi ricreativi e culturali solo in funzione episodica, clientelare e meramente assistenziale.

Interventi a casaccio, appalti e convenzioni affidati a trattativa privata con la sola funzione di scambio politico, operatori inventati come tali e poi lasciati ammuffire, in perenne precariato, senza sostegni e strategie, indicano che l'Ente Locale ha visto finora l'intervento sociale, ricreativo e culturale come mera elemosina da fare al sottoproletariato urbano. Lo stato di coma culturale e sociale della città di Milano e anche il frutto di una politica di stampo centroafricano per quanto riguarda la cultura, il tempo libero, l'aggregazione. Una politica che, a parte ogni altra considerazione di metodo, interviene solo a posteriori, come forma di assistenza a Quartieri degradati e spesso irrimediabilmente compromessi.

La cultura, il tempo libero, lo sport, l'aggregazione, gestiti attraverso l'animazione, sono un bene immateriale di valore inestimabile nella società post-moderna, la cui presenza e qualità sono direttamente correlate (in un circuito di causa ed effetto) al grado di civiltà di una città. Milano non dispone nemmeno di un Centro Giovani o di un CTS per Zona, quando ne servirebbero 4/5 per ognuna. Milano e fra le poche città italiane a non avere un Progetto Giovani, ne un Progetto di Prevenzione Primaria del Disagio. Milano non dispone di un Progetto Socio-culturale; non sostiene (anzi ostracizza e discrimina) l'associazionismo privato che non sia di regime; è fra le città col minor numero di operatori socio-culturali territoriali in pianta organica (persino Catania ne ha ben 34!); è fra le poche città che non dispone di una Consulta delle associazioni per il Tempo Libero. Ecco perché Milano si è gradualmente spenta, sotto il tallone di ferro del regime di questo famigerato recente ventennio.

Elenchiamo dunque ciò che riteniamo utile per il prossimo secolo, visto che non abbiamo alcuna fiducia in cambiamenti prima del 2000.

1-Il settore del tempo libero, della cultura e dell'aggregazione è un settore autonomo, rivolto all'intera cittadinanza, con funzioni di crescita della civiltà e di prevenzione del disagio:

BASTA CON GLI INTERVENTI AFFIDATI AL SOLO SETTORE ASSISTENZIALE (mentre il Settore Culturale realizza Mostre su guanti e calze!).

2-Il settore indicato richiede una politica organica, pluriennale, decentrata, partecipata e trasparente: BASTA CON L'OCCASIONALITA', IL CENTRALISMO, IL CLIENTELISMO, che oltre ad essere ingiusti, creano una dequalificazione dei servizi.

3-Il settore in questione richiede competenze professionali e stabilita lavorativa: BASTA CON GLI OPERATORI SEDICENTI TALI, MA ANCHE BASTA COL PRECARIATO E LO SFRUTTAMENTO (formare o cercare professionisti competenti, coordinarli e supportarli seriamente, e offrire loro un lavoro stabile e ben pagato).

4-Il settore, per il suo carattere immateriale e quindi legato alla sfera più intima e delicata dei cittadini, non può essere ne solo pubblico (in stile sovietico) ne solo privato (selvaggio o elitario): QUI PIU' CHE ALTROVE OCCORRE CHE L'ENTE LOCALE ASSUMA IN PIENO IL SUO RUOLO COSTITUZIONALE DI ORIENTAMENTO, SOSTEGNO, CONTROLLO DELLE INIZIATIVE DELLA SOCIETA' CIVILE.

3-I servizi territoriali non sono il luogo ma il motore della crescita della comunità.

Anche laddove, grazie ai sacrifici personali degli operatori, i servizi territoriali hanno funzionato, raramente hanno saputo superare la logica della specializzazione (un bisogno, un luogo) e della "porta aperta" (servizio a consumo).Questa logica presuppone: una società integrata, nella quale per ogni bisogno c'è un luogo preposto alla sua soddisfazione; una predilezione per le classi della piccola borghesia e del proletariato urbano, bisognose di servizi ed insieme capaci di usufruirne.

La società post-moderna e caratterizzata dalla de-territorializzazione e insieme dalla de-specializzazione: l'utente non va più verso il soddisfattore dei suoi bisogni, semmai i soddisfattori devono andare nei luoghi di vita dell'utente. Ma essa e anche connotata dalla riduzione delle classi in due sole: quella media, integrata nel regime; ed il sottoproletariato, emarginato o antagonista. La prima e quella che ha meno bisogno dei servizi e ne fa un uso moderato; la seconda e quella che ne ha più bisogno, ma non riesce ad accedervi. Da questa analisi diventa evidente che i servizi territoriali devono funzionare secondo il modello del "motore" e del "porta a porta". Per motore intendiamo qui un ruolo di attivatore, connettore, coordinatore di tutte le risorse, private e pubbliche, individuali e collettive esistenti nel settore, sul territorio. Per "porta a porta" invece intendiamo un lavoro che si centra sui problemi del territorio, mediante obiettivi di cambiamento concreto e risultati valutabili, da perseguire nei luoghi della vita quotidiana: scuola, gruppi informali, esercizi pubblici, giardini, caseggiati.

4-Quali operatori e quale formazione per i servizi territoriali.

L'ipotesi sopra delineata prefigura operatori che abbiano le seguenti competenze aspecifiche:

a-capacità di conoscere e avviare legami stretti con le realtà territoriali (ricerca-intervento e negoziazione);

b- capacità di gestire gruppi di discussione, progettazione, azione (conduzione di gruppo);

c- capacità di organizzare risorse, reti, eventi (management);

d-capacità di informare e incentivare (marketing sociale)

Queste capacità sono aspecifiche nel senso che devono essere possedute da chiunque operi in un qualsiasi servizio territoriale: dagli psicologi delle UUSSLL, agli educatori dei Centri di Aggregazione; dalle assistenti sociali ai pedagogisti, ai bibliotecari.

Nei centri operanti nei settori del tempo libero, della cultura e della aggregazione occorrono operatori che esprimano le skills suddette, attraverso strumenti specifici, tipici del settore, che sono quelli ricreativi, espressivi e culturali. Sono cioè necessari operatori che siano capaci di: far divertire, far fare, far esprimere.

Da almeno trenta anni esistono sul mercato del lavoro europeo figure professionali che possiedono le capacita su elencate ed operano con gli strumenti citati: sono gli ANIMATORI.

Prima chiamati animatori socio-culturali, poi territoriali o di comunità ed infine polivalenti, questi operatori sono gli unici coi titoli storici, teorici e strumentali per far vivere e rendere utili i servizi territoriali del tempo libero, la cultura e la aggregazione.

La tradizione culturale di questa professione è stata tale da connotarla come controculturale ed antagonista al sistema di potere del regime che ha dominato il Paese per oltre vent'anni: perciò essa e stata discriminata, vessata, emarginata da quegli Enti dove il regime e stato più arrogante. Oggi per fortuna, la festa di liberazione che l'Italia vive, mette in luce l'animazione come una delle poche ipotesi realistiche e utili per affrontare il XXI secolo.

AIATEL è la più storica associazione degli animatori italiani (il 1993 segna il nostro ventennale) e la più grande (circa 600 soci professionali). L'associazione promuove una Scuola Nazionale Animatori-SNA che gestisce Corsi biennali stabili in sei città italiane, e Corsi una tantum in altrettante, per complessive 10.000 ore l'anno di formazione, da almeno 5 anni. In vent'anni sono almeno 5.000 gli animatori italiani che AIATEL ha formato.

Anche se questi dati non sono bastati perché la Regione Lombardia il Satef, o la RSO ci ritenessero degni di essere coinvolti nel dibattito e nelle ricerche portate avanti in questi ultimi anni, resta il fatto che AIATEL è l'organizzazione italiana più qualificata per discutere del ruolo e della formazione degli animatori professionali.

Formazione che deve essere fatta tenendo presenti i seguenti elementi strutturali:

*durata biennale (meno o di più sono due gravi errori)

*monte ore da 500 a 700 ore annue (col 40% di tirocinio)

*metodologia basata sul lavoro attivo e di action learning

*impostazione culturale orientata al community development

*forte sviluppo delle skills personali e relazionali

*acquisizione della strumentazione tecnica correlata a interventi

Postfazione

Il regime di Milano e della Regione Lombardia, in questi venti anni, ha fatto di tutto per emarginarci e soffocarci, ma oggi noi festeggiamo il nostro XX compleanno mentre 2 Sindaci, 1 Vice-Sindaco, 2 Assessori Regionali che ci hanno discriminato, sono stati o incarcerati o inquisiti (per altri attendiamo notizie dai giornali). Ciò forse prova che l'animazione e l'Aiatel operano nella direzione del futuro: è Milano ancora abbastanza viva per accorgersene ?