1 A COSA SERVE L'ANIMAZIONE ?
TAV.1
- FINALITA' PRINCIPALI DELL'ANIMAZIONE
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Attivizzazione
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L'Animazione
consiste nel protagonismo del fare, dell'esprimersi, dell'esserci
(il processo è molto più importante del
prodotto) |
Sovranità
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L'Animazione
è un percorso di riappropriazione del potere (sulla
propria vita e sul contesto) |
Espressività
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L'Animazione
è una ricerca di nuove forme espressive e nuovi
linguaggi (il linguaggio
soggettivo è precondizione dei codici intersoggettivi)
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Socialità
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L'Animazione
è sempre "essere con"
(l'Altro è sempre insieme: utente, partner e attore)
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Creatività
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L'Animazione
è divertimento, divergenza, diversità (divertente
è ciò che è originale, cioè
che nasce e fa nascere) |
Ludicità
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L'Animazione
è gioco, cioè libera attività dentro
regole di contenitore (ampia
libertà dentro regole minime) |
Coscienza
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L'Animazione
è percorso di crescita interiore(non
è una pratica di scienza o di conoscenza, ma di
sapienza) |
2 ANALOGIE FRA
IL LUSTRO CHE HA DATO IL VIA ALL'ANIMAZIONE E QUELLO CHE STA
INIZIANDO
TAV.2
- ANALOGIE FRA 2 LUSTRI
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Bisogni
favorenti l’Animazione
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1960
– 1965
da Società Industriale
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1966
- 1999
Transizione
Post-moderna
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2000
– 2005
a Società
Immateriale
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Funzioni
dell'Animazione
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Attivizzazione
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Dipendenza
coatta
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Dipendenza
da Welfare
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Autonomia
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FAR
FARE
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Sovranità
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Alienazione
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Angoscia
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Protagonismo
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Espressività
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Repressione
illiberale
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Conformismo
televisivo
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Nuova espressività
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FAR
ESPRIMERE
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Socialità
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Struttura
gerarchica
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Apparenza
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Legami
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Creatività
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Subalternità
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Conformismo
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Innovazione
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FAR
DIVERTIRE
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Ludicità
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Lavoro
contro gioco
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Gioco contro
lavoro
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Lavoro
= Gioco
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- A
COSA SERVE L'ANIMAZIONE?
L'Animazione,
come pratica professionale, sta compiendo 40 anni(1). Cosa
giustifica l'esistenza e la sua progressiva, visibile, espansione?
La ragion d'essere di una nuova pratica si radica in un bisogno
o un desiderio. I soggetti sentono una mancanza, o elaborano
un progetto, e, se trovano che l'armamentario delle discipline
e delle pratiche esistenti non da risposte, nasce qualcosa
di nuovo. È stato così negli anni Sessanta,
quando l'Occidente industriale avanzato è entrato nella
sua fase di trasformazione generalizzata. Finito lo shock
dei totalitarismi e del conflitto mondiale, ultimato lo sforzo
della ricostruzione e avviato il boom economico, sono riemersi
su larga scala i bisogni secondari, o immateriali, che erano
stati rimossi e repressi per circa vent'anni.
La trasformazione dell'Occidente era, per la verità,
iniziata già dalla fine del XIX Secolo, ma era rimasta
all'interno di élites (Nietsche, Freud, Einstein, futurismo
e cubismo ecc.), o aveva preso, fra le masse, una direzione
politica (rivolte operaie, rivoluzione sovietica, movimenti
di ascesa dei regimi totalitari ecc.). Dopo la lunga pausa
dagli anni Venti agli anni Sessanta, i bisogni di trasformazione
sono riemersi a livello generale e senza un immediato orizzonte
politico. Vediamo nel dettaglio, per rispondere a quali bisogni
è nata l'animazione.
- Attivizzazione.
Dopo
quasi quarant'anni di dipendenza coatta dal totalitarismo,
dall'emergenza bellica, dalle ragioni della ricostruzione
rispunta l'esigenza generalizzata di agire sulla scena sociale.
J.F. Kennedy dice: "Non domandatevi cosa il Paese fa per
voi, ma cosa voi potete fare per il Paese". L'Animazione
consiste nel protagonismo del fare, dell'esprimersi, dell'esserci.
Per essa il processo è molto più importante
del prodotto.
- Sovranità.
L'Evo
industriale moderno è stato l'apoteosi della centralizzazione
e, dunque, negli anni Sessanta emerge una domanda di decentramento:
la partecipazione nei quartieri, le Regioni, la democrazia
scolastica sono una esigenza pressante. Il Concilio Vaticano
Secondo sancisce la necessità del protagonismo dell'ecclesia
a fianco della garerchia. Nel 1965 don Milani scrive: "Avere
il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani,
per cui l'obbedienza non è più una virtù,
ma la più subdola delle tentazioni". L'Animazione
è un percorso di riappropriazione del potere sulla
propria vita e sul contesto.
- Espressività.
Dopo una lunga epoca di predominio del linguaggio verbale
e cognitivo, si capisce che esso è funzionale al
razionalismo industriale e che il superamento di questo
richiede il ricorso a mezzi di comunicazione analogica,
anzichè digitale (vero-falso). L'Animazione è
una ricerca di nuove forme espressive e nuovi linguaggi,
il linguaggio soggettivo è precondizione dei codici
intersoggettivi.
- Socialità.
La
relazionalità e la convivialità erano state
sacrificate al funzionalismo economico. Produrre e vivere
al minimo erano stati per decenni l'imperativo, e lo star
bene con gli altri era considerato un lusso. L'Animazione
è nata per rispondere alla priorità di "essere
con". l'Altro è, al tempo stesso, sempre utente,
partner e attore.
- Creatività.
L'industrialesimo si basa sull'omologazione. Ma questa,
che all'inizio facilita la produzione e il consumo, alla
lunga satura il mercato: quando tutti hanno la stessa auto,
cosa si può inventare? Si pone, dunque, l'esigenza
di trovare nuove strade originali e divergenti. L'Animazione
è divertimento, divergenza, diversità. Divertente
è ciò che è originale, cioè
che nasce e fa nascere.
- Ludicità.
Assenza di libertà ("gioco") e primato del funzionalismo
economico, vengono gradualmente affiancati dal desiderio
di gioco, simulazione, gratuità. L'Animazione è
gioco, cioè libera attività dentro regole
di contenitore, ampia libertà dentro regole minime.
- Coscienza.
Decenni di concentrazione sull'avere, possedere, dominare,
crescere materialmente, hanno fatto emergere il bisogno
di essere consapevoli, sensibili, maturi interiormente.
L'Animazione è percorso di crescita interiore: non
è una pratica di scienza o di conoscenza, ma di sapienza.
In
estrema sintesi possiamo dire che l'Animazione è nata
per far fare, far divertire e far esprimere, per aumentare
il potere e la consapevolezza del partecipante.
2.
ANALOGIE FRA IL PERIODO CHE HA DATO IL VIA ALL'ANIMAZIONE
E QUELLO ATTUALE
Come
si vede dalla Tav. 1, l'attuale lustro vive bisogni molto
simili a quelli del periodo precedente agli anni Sessanta,
sia pure per motivi diversi. Il periodo dal 1975 al 1995 è
stato di lunga transizione dall'Evo Industriale all'Immaterialesimo,
cioè da un epoca di prevalenza delle cose a una di
centralità delle idee, delle immagini, dei simboli.
La transizione ha represso, o rimosso, bisogni che ora stanno
riemergendo.
L'attivizzazione è stata limitata non più
dalla dipendenza dalle regole e dall'autorità, ma da
un Welfare State pervasivo che ha barattato l'autonomia
col benessere. Oggi, che il Welfare è in crisi,
riemerge il desiderio di azioni autonome: non è più
lo Stato che deve soddisfare tutti i bisogni, ma ogni cittadino
deve impegnarsi a farlo. La sovranità dei cittadini
nella prima metà del Secolo è stata repressa
dai regimi autoritari, poi ha avuto un decennio di valorizzazione,
poi ancora è stata messa in crisi dalla frantumazione
sociale. Ciò che un tempo produceva alienazione, è
divenuto angoscia generalizzata (da cui la tossicodipendenza
è un tentativo di evasione). Più recentemente
sono emersi segnali deboli di una riemersione del bisogno
di protagonismo, specie nelle frange marginali giovanili,
come modalità di superamento dell'angoscia. La repressione
illiberale dell'espressività, che ha caratterizzato
la prima metà del Secolo XX, e che è stata sospesa
nel decennio del Sessantotto, ha ripreso la sua forza sotto
forma di onnipresenza televisiva. Il linguaggio della comicità
ripetitiva, dei talk show, e del giornalismo mellifluo ha
dominato per un lungo periodo. Oggi fanno timida apparizione
nuove forme espressive, come quelle legate al Web.
La socialità, repressa dalle strutture gerachiche
e centralizzate, è diventata, nella transizione, camuffata
dal dogma dell'apparenza. "Esserci" ed "essere con" sono stati,
per due decenni, sottomessi all'esigenza di sembrare. L'esplosione
delle discoteche è stata l'apoteosi della sostituzione
delle relazioni con le maschere. La loro decadenza coincide
con la risorta esigenza di parlare, comunicare, attivare legami.
La creatività, prima sopita dalla subalternità
coatta, è diventata, nella transizione, conformismo
difensivo. La vecchia censura è stata sostituita dall'auto-censura
come risposta alla paura di essere diversi. Oggi è
lo stesso sistema produttivo che, pena l'asfissia, cerca creatività,
originalità, diversità. La ludicità
è stata considerata per tutto l'Evo industriale un'evasione,
un'attività antagonista del lavoro. Nella transizione
ha prevalso un ribaltamento: è il lavoro che è
stato demonizzato come sospensione del gioco. Oggi è
evidente l'emergere di una nuova prospettiva, per la quale
gioco e lavoro possono essere la stessa cosa: il lavoro assume
sempre più aspetti ludici e il tempo libero sta creando
sempre più posti di lavoro.
3.
CONCLUSIONI.
Gli
anni Sessanta sono stati un punto di svolta del Secolo e hanno
dato vita all'Animazione come una delle risposte ai bisogni
emergenti. Dopo un decennio di sommovimenti planetari, siamo
entrati in due decadi di transizione dove, in parte, ha prevalso
la reazione (con tentativi di tornare al passato) e, in parte,
ha dominato la frantumazione (con pesanti costi psicologici
e l'esplorazione di tentativi di superamento). Oggi l'Occidente
sembra essere ai "blocchi di partenza" di una nuova epoca,
che ho chiamato Immaterialesimo (2). I bisogni che tornano
alla ribalta non sono diversi da quelli che hanno dato i natali
all'Animazione nei primi anni Sessanta. Ciò significa
che nei primi decenni del Secolo XXI, l'Animazione può
tornare a essere una pratica centrale.
- Per
una storia dell'Animazione professionale cfr. Contessa G.
L'animazione, CittàStudiEdizioni, Milano,
1995.
- Per
una presentazione di questo paradigma, cfr. Contessa G.
Psicopolis, Edizioni Arcipelago, Milano, 1999.
*(Guido
Contessa, Luglio 1999)
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