Il fare per dare uno scopo al proprio esistere
Rita Ansaldi, settembre 2019
Alla nostra domanda iniziale Serve ancora lanimazione
oggi?, la mia attenzione si è focalizzata su due tipologie
di persone, anziani ed adolescenti, il modo di rapportarsi degli
adulti verso di essi, ed il loro ruolo nella società.
Dopo anni di lavoro in RSA, in cui ho cercato di stimolare i residenti
a mantenere vivi gli interessi e le capacità residue sollecitandoli
a fare e partecipare attivamente ad attività
e vita della struttura e del paese, mi sono resa conto che anche
sul territorio ci sono persone con la stessa necessità.
Nella nostra società cè attualmente la tendenza
a voler proteggere i propri cari (genitori e figli) togliendo loro
incombenze e lavori .
Tendiamo a non lasciar fare alle persone di una certa età:
· per paura
· per non farli stancare
· per senso di gratitudine (lo faccio io, tu hai già
fatto tanto)
· per affetto
· perché vogliamo le cose fatte con precisione
· perché vogliamo le cose fatte velocemente
Ci reputiamo bravi figli se sgraviamo i nostri genitori da mansioni
del quotidiano, pensando di fare il loro bene e sostituendoci spesso
loro nelle decisioni. Ci comportiamo così non comprendendone
le conseguenze.
Ho visto molte persone di una certa età spegnersi ed intristirsi
per il fatto di non aver più niente da fare per non doversi
più occupare di sé o di altri.
Da quando non posso più occuparmi della casa la
mia vita ha perso ogni scopo.
Ho trovato sulla rete articoli ed interventi che confermano questa
mia lettura sullimportanza del poter fare
Salvatore Contino, parlando di terapia occupazionale https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/19/anziani-solitudine-salute-e-terapia-occupazionale/687369/
scrive: Il darsi da fare e prendere parte alle occupazioni
e alle attività sociali, è parte importante della
vita in tutte le società. E limportanza di essere o
sentirsi attivi, ha un uguale peso sia nella popolazione giovane,
che nella popolazione anziana. Accresce il senso di partecipazione
e utilità, lautostima e abbatte le barriere che spesso
si creano quando un anziano soffre anche di un piccolissimo disagio
da età avanzata spingendolo allisolamento. Con
conseguenze facilmente immaginabili.
Alcuni stralci di un articolo di Sepe D., Onorati
A., Folino F., Pecci F. trovato sul sito terzaeta.com http://www.terzaeta.com/articoli/febbraio-2014/Importanza-degli-ultimi-anni-vita-eta-saggezza/
:
La Psicogeriatria, che si occupa proprio dei problemi psichici
degli anziani come la depressione, le difficoltà di adattamento,
i disturbi cognitivi, ha come obiettivo principale quello di offrire
agli anziani la possibilità di invecchiare mantenendo attive
le proprie capacità fisiche e mentali. Ma non sempre è
agevole distinguere lorganico dallo psichico o individuare
i riflessi clinici di una condizione esistenziale.
La depressione è una tra le patologie psichiatriche di
più frequente riscontro nelle persone anziane (Fasolo et
al., 2001).
Senza addentrarci sui numerosi studi in materia (es., Gala, 1990;
Trabucchi, 1996; Bizzini, 1996) è utile soffermarci in particolare
sulla carenza di autostima, sulla sensazione di inutilità,
sulla mancanza di obiettivi e di progettualità.
-
Per quanto riguarda bambini e adolescenti cè invece
un iper- protezionismo soffocante da parte dei genitori. Proteggiamo
e coccoliamo i nostri figli sgravandoli dalle fatiche delle mansioni
quotidiane, a volte togliendo loro la possibilità di fare
esperienza.
Parlando di rapporto genitori e figli la dottoressa
Isabella Milani https://www.illibraio.it/genitori-non-chiedete-figli-732722/
scrive:
Scelgo due errori, che sono molto comuni, proprio perché
non ci accorgiamo di farli. Eppure sono carichi di conseguenze.
Il primo errore lo facciamo quando chiediamo troppo a nostro figlio.
Mi sono trovata spesso a spiegare a dei genitori che pretendevano
troppo dal loro figlio che chiedere a un bambino o a un ragazzo
quello che non può dare è una crudeltà. Che
pensare che basti volerlo per ottenere quello che viene
richiesto è uningenuità che può creare
grossi problemi ai figli. Proprio a quei figli per i quali i genitori
vogliono il meglio.
Il secondo errore lo facciamo quando chiediamo troppo poco a nostro
figlio. Stiamo tanto fuori casa, non abbiamo tempo per educarli
e neanche per stare con loro, per conoscere le loro debolezze, i
loro bisogni, le loro reali capacità e incapacità,
e spesso inconsciamente percepiamo che cè
qualcosa di sbagliato nelle nostre scelte educative.
Così, molti di noi cercano di risarcire i figli
non pretendendo nulla da loro.
-
Questa necessità sociale che potremmo definire come il bisogno
di una equa distribuzione del fare, dellimportanza del lasciar
fare, potrebbe trovare delle soluzioni attraverso attività
animative? Nellambito della prevenzione, nei percorsi per
acquisire consapevolezza?
Lanimazione può aiutare a far acquisire consapevolezza
o forse a riabituare a fare? A me sembra che il primo punto del
manifesto possa riferirsi a questo tipo di intervento: Lanimazione
vuole migliorare le connessioni tra le persone e facilitare linterdipendenza
fra loro.
-
Osservando alcuni anziani che conosco, ho avuto conferma di come
il poter fare ed il poter essere abbiano inciso sulla loro qualità
di vita. Volevo portarveli come esempi.
Le prime persone di cui vi parlerò sono tre cugini di mia
mamma, tre fratelli di 106, 95 e 92 anni. Il loro vissuto è
legato al mondo contadino del 1900 in un piccolo paese di una valle.
Provengono da una famiglia numerosa con stile patriarcale, dove
tutti avevano allinterno della casa un ruolo ben preciso ed
un chiaro impegno: il proprio fare per sé e per
gli altri, in famiglia e nel paese.
Giacomo il più anziano ha ora 106 anni, vive con due figlie
e mariti nella casa in cui è nato e dove ha sempre vissuto;
è un grande vecchio, lucido e quasi autonomo
nelle funzioni giornaliere, le figlie si occupano della casa del
manager familiare.
Tutti hanno grande stima ed opinione di lui, per i familiari e per
la comunità è un punto di riferimento, è un
grande esempio di vita, è sempre stato un buon consigliere
saggio ed onesto, e tante persone si sono rivolte e si rivolgono
a lui per avere un consiglio, un opinione.
Nel suo vivere quotidiano oggi non ha tanto peso il suo fare, conta
il valore del suo dire, ed io che lo conosco da molti anni posso
dire che a volte mi sorprende come in modo garbato riesca a trovare
la cosa migliore da dire in molte circostanze, e quando a volte
ci perdiamo in frivole chiacchiere lui ci riporta sulla retta
via.
Giacomo vive bene in un contesto che conosce e che ha contribuito
a costruire, casa sua è sempre aperta i parenti e la gente
del paese sono abituati a passare a trovarlo; destate lo si
trova fuori sotto il noce che legge il giornale.
Qui tutti hanno un ruolo, hanno ancora il proprio fare:
le figlie di Giacomo hanno 77 e 79 anni, i mariti più di
80 e sono tutti impegnati, attivi, stimolati dallimpegno quotidiano.
Si sentono importanti.
La sorella di Giacomo, Centa - cosi la chiamiamo da sempre - nei
sui 95 anni è lucidissima ed autonoma, vive con una figlia
e nella casa che ha costruito con il marito.
Dista da Giacomo circa 500 metri, che percorre almeno due volte
alla settimana per andare da suo fratello, ma alle 11.30 ritorna
a casa per preparare il pranzo alla figlia e nipoti.
Anche lei vive in un contesto familiare, è una donna serena
per me bellissima, con tanta solarità neglocchi, ed
è sempre come la ricordo da bambina. Una donna che è
stata capace di affrontare tante difficoltà.
Una volta alla settimana si reca da sua sorella Maria, la più
giovane ma anche la più cagionevole di salute, anche lei
lucida, presente, attentissima a tutte le dinamiche di casa sua
ed ai fatti significativi del paese.
Maria vive nella propria casa da sola, ma vicino ai figli. Tutti
i giorni sistema la casa e cucina per se ed a volte per un figlio,
trascorre le giornate in compagnia dei familiari e dei suoi numerosi
nipoti. Insomma non ha perso il suo ruolo in famiglia e la sua opinione
conta, tutto questo le permette di avere un ruolo; uno scopo dà
un senso alla vita.
Laltro contesto di cui voglio parlarvi è quello di
casa mia, del complesso in cui vivo. Qui vivono 36 famiglie, le
case sono state costruite negli anni ottanta, al tempo vivevano
famiglie composte da coniugi più e meno giovani, con il tempo
cè stato un parziale cambio generazionale.
In sintesi, da noi risiedono molte persone ultra ottantenni. La
più anziana ha compiuto novantanni.
Ci sono famiglie, coppie, donne che vivono da sole, tutte ben inserite
nel contesto nella vita del paese, e - a parte un paio tutti
sono autonomi, svolgono le proprie attività giornaliere,
compreso uscire per fare la spesa.
Anche qui lambiente aiuta, tutti si conoscono, se serve ci
si aiuta e tutti i giorni, durante la bella stagione si scende in
giardino a fare filos, un appuntamento importante soprattutto
per chi è solo ed ha bisogno di scandire la giornata con
impegni.
Ci sono momenti comunitari: cene, pranzi in giardino e lallestimento
del presepe. Questanno abbiamo festeggiato insieme i compleanni
di alcune signore che avevano raggiunto età significative.
Tutti hanno il proprio fare assicurato.
Nella fascia delle persone più giovani, dai 60 in poi limpegno
quotidiano per molti è ancora significativo, quasi tutti
sono impegnati nellaccudimento dei nipoti e per alcuni anche
in quello dei genitori. Ma hanno ancora per fortuna le energie per
coltivare passioni ed hobby che li mantiene inseriti in un contesto
sociale allargato ed appagante.
Da noi le giornate sono scandite da abitudini individuali: al mattino
presto cè chi scende a zappettare negli orti o giardini,
chi parte per raggiungere il posto di lavoro; più tardi ci
sono un paio di signore che percorrono il periplo con i loro deambulatori
per la ginnastica del mattino e contemporaneamente nonni in bicicletta
con i nipotini. Finestre aperte e il rumore degli aspirapolveri.
E quel che è importante è che tutti hanno il proprio
fare.
Vi ho parlato di due contesti felici, contesti dove le cose per
lo più funzionano, dove chiaramente non è che non
esistano i problemi ma forse vengono affrontati bene, con realismo
e forse con solidarietà. Ma soprattutto ambienti in cui a
tutti viene riconosciuto un ruolo ed a tutti viene data la possibilità
di fare. Fare sbagliando, fare rischiando, fare per mantenere la
propria autonomia, a volte con qualche rischio.
Dico questo perché ora vi vorrei parlare degli anziani a
cui non viene più data questa possibilità e le conseguenze
a cui porta questo.
La signora Giovanna, 89 anni risiede ora in RSA.
Lambiente è tristissimo. Il novanta per cento delle
persone che vi risiedono sono compromesse a livello cognitivo e
fisico, trascorrono le giornate in un salone con un sottofondo musicale
che attenua un po i vari lamenti e vocii delle pazienti.
Si può fare animazione? Per quel che è possibile fare,
si può far fare? È terapia?
Ma come siamo arrivati qui? La signora Giovanna è sempre
stata una donna attiva ed energica, ha cresciuto e protetto la propria
famiglia con la forza di una leonessa superando ostacoli e malanni,
rimettendosi in piedi anche quando non era facile.
Ha vissuto con il marito amandolo profondamente e superando problemi
con orgoglio.
Il marito si è ammalato alcuni anni fa, era affetto dal morbo
di Alzheimer. La signora Giovanna con i figli si è presa
cura di lui, finché per sgravarla e sgravarsi dallimpegno
non è stata assunta una badante.
Quindi la signora Giovanna è stata messa in panchina, con
tante buone intenzioni per sgravarla dalle incombenze, per alleggerirle
il carico, ma questo ha portato anche a ridurre la sua capacità
decisionale ed il controllo della propria casa: un cambiamento relazionale
(la badante era sempre presente anche durante le visite di amici
e parenti).
Ho visto la signora Giovanna spegnersi giorno dopo giorno. Certo
sono subentrate patologie che poi hanno portato inevitabilmente
al ricovero in struttura.
Ho potuto constatare in altri casi che cè questa tendenza
in molte famiglie dove i figli sono attenti ai propri genitori ma
forse troppo apprensivi, soffocanti e soprattutto ignari delle conseguenze
a cui può portare questa mancanza di autonomia quando le
funzioni e le capacità lo permettono ancora. Dove il poter
fare ha unimportanza basilare.
Vedo uomini e donne ottantenni dallaspetto giovane,
curato, moderno con vite sociali intense ed appaganti
con la voglia di scoprire, imparare e mettersi in gioco.
E proprio su questo ultimo termine si è focalizzato il mio
intervento: il bisogno basilare delluomo di mettersi in gioco
anche quando si trova in una fascia detà in cui è
più fragile e vulnerabile.
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